I CAM o criteri ambientali minimi sono un argomento all’ordine del giorno per chi si occupa di appalti pubblici, anche in ragione della premialità di alcuni di essi sui punteggi di gara. Ci sono però diversi fraintendimenti sul loro funzionamento, derivanti tanto dalla complessità dell’argomento quanto dalla sua continua evoluzione. Proviamo allora a fare chiarezza, soffermandoci su due aspetti che riguardano da vicino la nostra attività, cioè i meccanismi di verifica del rispetto dei CAM e il possibile contrasto tra premialità e prestazioni dei prodotti.

I CAM per gli interventi edilizi

I criteri ambientali minimi per l’edilizia, regolati dal D.M. 256/2022, vogliono introdurre e favorire lo sviluppo di modelli di economia circolare: l’approccio di riferimento è quello dell’architettura bio-ecosostenibile, che si basa sull’integrazione di conoscenze e valori rispettosi del paesaggio, dell’ambiente e della biologia degli esseri viventi.

I criteri ambientali minimi per l'edilizia, regolati dal regolato dal D.M. 256/2022, vogliono introdurre e favorire lo sviluppo di modelli di economia circolare.

L’applicazion dei CAM in edilizia serve quindi alla stazione appaltante per ridurre gli impatti ambientali generati dai lavori per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici e dalla gestione dei relativi cantieri, e non si riduce al mero efficientamento energetico. La stazione appaltante dovrebbe al contrario considerare la progettazione e l’uso dei materiali secondo un approccio LCA (Life Cycle Assessment o analisi del ciclo di vita) e considerare il “sistema edificio” nel suo insieme di aspetti prestazionali, in una logica di rendicontazione ambientale, eventualmente realizzata mediante protocolli energetico – ambientali nazionali e internazionali.

Come si verifica il rispetto dei CAM in edilizia

Per agevolare l’attività di verifica di conformità ai criteri ambientali da parte della direzione lavori e della stazione appaltante, per ognuno di essi il decreto 256/2022 riporta le indicazioni di verifica, ossia descrive le informazioni, i metodi e la documentazione necessaria per accertarne la conformità.

Per agevolare l’attività di verifica di conformità ai criteri ambientali minimi da parte della direzione lavori e della stazione appaltante, per ognuno di essi il decreto 256/2022 riporta le indicazioni di verifica

Nel caso dei prodotti da costruzione, è previsto che sia il capitolato speciale d’appalto del progetto esecutivo a riportare le specifiche tecniche e i relativi mezzi di prova, tenendo conto di tre indicazioni di carattere generale:

  1. per i prodotti da costruzione dotati di norma armonizzata, devono essere rese le dichiarazioni di prestazione (DoP);
  2. per il valore percentuale del contenuto di materia riciclata ovvero recuperata ovvero di sottoprodotti, deve essere fornito il certificato relativo a una delle opzioni indicate nel capitolo 2.5 del D.M. 256/2022, sul quale siano riportati il numero del certificato, il valore percentuale richiesto, il nome del prodotto certificato, le date di rilascio e di scadenza;
  3. possono essere presentante le asserzioni ambientali auto-dichiarate, conformi alla norma UNI EN ISO 14021, validate da un organismo di valutazione della conformità, in corso di validità al 4 dicembre 2022 e fino alla scadenza della convalida.
È il capitolato speciale d'appalto del progetto esecutivo a riportare le specifiche tecniche e i relativi mezzi di prova dei materiali rispetto ai criteri ambientali minimi per l'edilizia.

I sistemi di certificazione richiamati al capitolo 2.5, al di là di quelli applicabili alle plastiche, sono quattro:

  • dichiarazione ambientale di Prodotto di Tipo III (EPD), conforme alla norma UNI EN 15804 e alla norma UNI EN ISO 14025, come gli schemi EPD© o EPDItaly©, con indicazione della percentuale di materiale riciclato ovvero recuperato ovvero di sottoprodotti, specificandone la metodologia di calcolo;
  • certificazione ReMade in Italy®, con indicazione in etichetta della percentuale di materiale riciclato ovvero di sottoprodotto;
  • certificazione di prodotto, basata sulla tracciabilità dei materiali e sul bilancio di massa, rilasciata da un organismo di valutazione della conformità, con l’indicazione della percentuale di materiale riciclato ovvero recuperato ovvero di sottoprodotti;
  • certificazione di prodotto, rilasciata da un organismo di valutazione della conformità, in conformità alla prassi UNI/PdR 88Requisiti di verifica del contenuto di riciclato e/o recuperato e/o sottoprodotto, presente nei prodotti“, qualora il materiale rientri nel campo di applicazione di tale prassi.
Esistono 4 sistemi di certificazione del valore percentuale del contenuto di materia riciclata ovvero recuperata ovvero di sottoprodotti.

La scelta tra un sistema di certificazione o un altro dipende dal tipo di prodotto e dalla scelta strategica del produttore. A uno stesso prodotto si possono applicare sistemi differenti e la scelta tra uno e l’altro non influisce sulla sua validità in fase di verifica del rispetto del requisito, ma può influire sui costi o sulle tempistiche per il suo ottenimento.

Il CAM per i calcestruzzi confezionati in cantiere e preconfezionati 

Il paragrafo 2.5.2 del decreto che definisce i CAM per l’edilizia fissa come criterio per i calcestruzzi il contenuto di materie riciclate, ovvero recuperate, ovvero di sottoprodotti, di almeno il 5% sul peso del prodotto, inteso come somma dei contributi delle tre frazioni.

Il rispetto di tale requisito può essere dimostrato attraverso uno dei quattro sistemi di certificazione di cui abbiamo parlato poco sopra, cioè EPD, Remade in Italy®, certificazione di prodotto rilasciato da un ente terzo oppure certificazione di prodotto rilasciata da un ente terzo secondo la UNI/PdR 88.

Il paragrafo 2.5.2 del decreto che definisce i CAM per l'edilizia fissa come criterio per i calcestruzzi il contenuto di materie riciclate, ovvero recuperate, ovvero di sottoprodotti, di almeno il 5% sul peso del prodotto.

CAM per i calcestruzzi e appalti: premialità vs. prestazioni

Il decreto CAM per l’edilizia definisce anche i criteri premianti per le imprese che partecipano alla gara d’appalto, distinguendoli a seconda della tipologia di affidamento (sola progettazione, sola esecuzione o progettazione ed esecuzione congiunte). Si tratta, per esempio, di studi LCA e LCC, attestazioni ESG (Environmental and Social Governance) o di criteri connessi alla provenienza dei prodotti, per cui è premiante contenere le distanze geografiche dei siti di produzione rispetto alla sede del cantiere oppure si ottengono punteggi superiori se gli impianti di produzione si trovano in Paesi ricadenti in ambito EU/ETS (Emission Trading System).

L’aspetto che ci preme sottolineare è che nessuno di tali criteri premianti è connesso a un incremento significativo del contenuto di materie riciclate o recuperate o di sottoprodotti nei calcestruzzi rispetto al 5% sul peso previsto come criterio ambientale minimo. Pertanto, spingere la produzione di calcestruzzo verso percentuali significativamente superiori al 5% di componenti riciclate o recuperate o di sottoprodotti non comporta vantaggi competitivi in fase di gara. C’è invece una ragione tecnica per cui percorrere questa strada può rivelarsi persino controproducente, e cioè l’incidenza di queste componenti sui valori di prestazione del calcestruzzo, essendovi puntuali obblighi normativi che fissano precisi limiti all’utilizzo di alcune materie prime con l’aumento delle prestazioni da ottenere.

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Per concludere, l’invito di General Beton Triveneta S.p.A. agli operatori del settore è duplice: da un lato a considerare tutte le opzioni di certificazione disponibili per dimostrare il rispetto del CAM per i calcestruzzi, senza definirne una graduatoria, e dall’altro a non limitarsi a considerare la percentuale in peso del contenuto di materie riciclate o recuperate o di sottoprodotti per valutare la competitività del prodotto in fase di gara.